David Gilmour, il chitarrista dei Pink Floyd una volta ha detto: “Cos’è l’eredità di una band? Non lo so. Io credo che la nostra musica continuerà ad essere suonata per un po’. Quanto ci vorrà? Cento, mille anni? Non ne ho idea. Non ci penso molto.”
Una dichiarazione di umiltà da parte del genio che ha cambiato la storia della musica con il suono della sua chitarra Black Strat influenzando generazioni di musicisti. Da quando è entrato a fare parte dei Pink Floyd al posto di Syd Barrett nel dicembre 1967 ha alzato il livello del rock degli anni 70 avvicinandolo alla musica sinfonica, suonando in alcuni degli album più importanti di tutti i tempi, da The Dark Side of The Moon a Animals fino a The Wall. Quando gli è stato chiesto di scegliere la sua canzone preferita dei Pink Floyd, David Gilmour non ha mai avuto dubbi: “Echoes, è sempre stata divertente da suonare, anche nei miei tour solisti” ha detto a proposito della suite che chiude il loro album Meddle del 1971.
Una composizione musicale di pura sperimentazione lunga 23 minuti che segna un passaggio dalla psichedelia degli esordi alla potenza emotiva che ha reso i Pink Floyd famosi in tutto il mondo. I Pink Floyd l’hanno sempre eseguita dal vivo tra il 1971 e il 1975, compresa la leggendaria performance nel film concerto Live at Pompeii del 1972 e Gilmour l’ha scelta per la scaletta del tour di A Momentary Lapse of Reason del 1989 e poi per il suo tour solista On an Island del 2006.
Dopo la morte del tastierista Richard Wright nel 2008, Gilmour ha però deciso di non suonarla più, in omaggio al fondatore dei Pink Floyd a cui era profondamente legato, umanamente e musicalmente: “Ho sempre visto Echoes come un duetto tra me e Richard” ha detto, “Era un momento davvero eccezionale che non si può e non si deve ripetere adesso che lui non c’è più.”